Nota dell'autrice:
comincio a scrivere questo racconto…una musica di sottofondo …Debussy…”il chiaro di luna”… Oscar e Andrè…le mie fantasie le mie paure…il coraggio di scrivere…mi lascio cullare da immagini suoni e parole.
Prendete così…come viene quello che scrivo…e magari…leggetelo con la musica di un pianoforte in sottofondo… ^___^
 
Un Ballo
1° parte
 

 

La primavera era sul finire, l’aria si faceva sempre più calda e Parigi bruciava… bruciava per il caldo …bruciava nei cuori del popolo . Tutto taceva ancora, persino gli uccelli, l’aria era pesante, il sole era una luce che a stento penetrava le nubi grigie, persino i profumi erano come svaniti…tutto era immobile…tutto era bloccato…
Anche il cuore di Oscar era bloccato…come il suo corpo fra le lenzuola, era sveglia ma non voleva alzarsi, imprigionata dai suoi pensieri, dai suoi ricordi, dalle illusioni spezzate…da una tristezza che da anni la accompagnava; anzi in quel momento si chiedeva se la tristezza avesse mai smesso di accompagnarla. Era nel letto distesa,  fissava il baldacchino
…Oscar alzati…non è da te poltrire…non è da te aspettare che ti vengano a svegliare…perché non vuoi uscire da questa stanza
…che stupida che sono…ormai parlo a me stessa come se fosse un’altra persona… come se dentro di me ci fosse un’altra persona
…persona?essere umano?
…una donna…
Piegò il viso da un lato, come volesse distogliere lo sguardo da se stessa, dalla donna che era, che ormai sapeva di essere, vide l’armadio semichiuso: uscivano dei lembi di stoffa…sulle prime Oscar non riconobbe che vestiti fossero, non vi faceva caso, vedeva ma non guardava…poi li riconobbe e ammise che il destino associa eventi e cose con la più spietata ironia. Dall’armadio riccamente intarsiato di legno scuro si intravedevano brillare delle stoffe, stoffe ricche, luminose che riportarono Oscar indietro nel tempo, indietro nella sua anima. Il vestito da ballo, l’unico vestito femminile che avesse mai indossato, il vestito per Fersen, il vestito della vergogna…il vestito  che divenne prova della sua follia e di un’illusione che si spense in poche semplici parole…il mio migliore amico…beffa del destino…accanto vi era la sua alta uniforme, che indossò per ballare…per ballare con la regina, la sua regina che avrebbe protetto da tutto e da tutti anche da se stessa…e così fece.
Oscar si alzò dal letto, indossava una semplice camicia di lino.
Volle toccare quelle stoffe, volle toccare il suo passato, volle toccare quei ricordi d’amore…l’amore per Fersen, l’amore per la regina…aprì le ante dell’armadio e vide i suoi vestiti maschili, le sue uniformi, quella che era stata delle guardie reali, e quella del suo odierno incarico: l’uniforme dei soldati della guardia di Parigi…la sfiorò
…anche questa è la prova della mia fuga…da Andrè…da me stessa…da un noi che credevo non potesse essere mai pronunciato…
abbassò lo sguardo triste, sconfitta da se stessa e dal suo passato.
Improvvisamente un dolore profondo la colpì
…quella camicia…quella camicia bianca…
si inginocchiò e prese dal fondo dell’armadio quella che era stata una camicia di seta bianca, era ingrigita, perché non era stata più lavata, era strappata….Oscar sospirò il nome di Andrè..
Non l’ho mai buttata…l’ho conservata …perché? Anche questa è una prova, una prova del passato?… una scelta che non ho mai fatto…quella di spogliarmi del mio orgoglio…quella di ammettere di essere una rosa bianca…
Strinse quella camicia al seno ed una lacrima scese lungo il suo viso, una lacrima che racchiudeva il dolore, la tristezza di tanti anni, il rifiuto dell’amore, racchiudeva le immagini sbiadite di Oscar da bambina, dello sguardo inflessibile del padre…il generale… delle carezze rubate alla madre, dei balli a corte a cui partecipava da lontano, della regina, di Fersen…e  quella lacrima racchiudeva non la visione ma la sensazione tangibile alle sue spalle, in tutti quegl’anni, della presenza silenziosa di Andrè.
Stringeva quella camicia con tutta se stessa…si voltò e vide la sua stanza, il palcoscenico di quella notte, il suo sguardo seguiva i fantasmi dei suoi ricordi, quella scena viveva di nuovo davanti ai suoi occhi…altre volte era successo…ma mai con quella nostalgia…sì nostalgia…la sensazione lancinante che quella notte fu l’ultima volta in cui lei ed Andrè avevano avuto un contatto, un legame…dopo quella notte tutto cambiò…si chiusero entrambi in loro stessi, nei loro silenzi, si chiusero come Oscar chiuse quell’armadio che quella mattina era diventato uno scrigno di ricordi, una prigione per i fantasmi, un tomba in cui voleva seppellire tutto il suo dolore…
Aveva ancora in mano quella camicia…e poi improvvisamente la volle indossare, l’impulso fu più forte di lei…si guardò allo specchio…era …era…bella. I capelli ancora disordinati dalla notte, la pelle chiara del viso, del collo, del seno scoperto…e vide i suoi occhi… due fessure di ghiaccio, che si spalancarono a quella visione nello specchio…ed ebbe paura, paura del tempo che ormai le era sfuggito dalla mani, la sua vita le era sfuggita dalle mani, non era mai stata capace di riprenderne il controllo, lei che del controllo ne aveva fatto la sua legge…sconvolta… rise di sé…
Era stanca, tremendamente stanca, il dolore, la paura l’avevano consumata…avrebbe voluto, invece,  essere esausta d’amore…
Si spogliò e come per cancellare tutto quei pensieri prese dell’acqua dalla toilette, si lavò, si vestì con i primi abiti che trovò accanto, si guardò allo specchio ancora una volta…lo faceva spesso ormai, quasi volesse essere sicura di esistere… di essere viva.
La morte … ci pensava spesso, l’aveva vista da vicino più volte, la morte aveva sfiorato lei ed Andrè…quella notte a Parigi…quella notte in cui testimone unico del suo terrore di perdere il compagno di una vita era stato proprio Fersen…
ah il destino come gioca con noi…siamo delle pedine nelle sue mani…
il destino di avere avuto un padre come il mio, il destino di aver dovuto accettare l’imposizione di una vita da uomo, il destino di aver avuto accanto a me tutta la vita un compagno e di non averlo visto…di non averlo voluto vedere… il destino di essere stata sorda ai suoi sentimenti, il destino di essermi illusa dell’amore di un uomo che amava un’altra, il destino che ella fosse la mia regina, il destino di amare…ora…Andrè e di non poterglielo dire…per amore…per paura di farlo ancora soffrire…il destino di volerlo proteggere…lui …
tu Andrè che mi hai sempre protetto…il destino…ma sarà poi colpa del destino?…
o colpa mia…colpa di non avere avuto il coraggio di oppormi a mio padre, colpa del mio orgoglio, del mio rifiuto, della mia paura?…
si avvicinò alla finestra e lo vide…il mio Andrè…stava lavando i cavalli…era bagnato e sudato, la camicia sbottonata, era lì concentrato al suo compito…stava lavando il cavallo di Oscar…lo accarezzava e lo tranquillizzava…premuroso e dolce ma allo stesso tempo forte e fermo mentre teneva la cavezza del cavallo.
Oscar lo guardava dalla sua finestra, toccava il vetro come avesse voluto sfiorarlo, lo ammirava pensando che quelle braccia non la avrebbero mai più stretta…”scusami Oscar, giuro su dio che mai più ti farò una cosa del genere” …quelle parole risuonavano nella sua testa, le sentiva come una condanna alla  sua solitudine…
come rompere questo sortilegio che ci avvolge…non dico ricevere da te l’amore Andrè…ma almeno tornare indietro quando eravamo più giovani, quando cavalcavamo insieme, quando discutevamo sulla lezione del precettore, quando …ricordi…
stringeva la camicia nelle mani
…camminavamo nei prati di Arras…
Arras…chissà forse lì…potremmo recuperare un momento, una parola che riuscivamo a condividere prima…prima del mio amore ingannevole per Fersen, prima della mia decisione di non  aver più bisogno di te…così ti dissi…
Arras…mi basterebbe ritrovare un po’ di quel passato…
mi basterebbe…per andare avanti…
In quel momento Andrè alzò lo sguardo verso la finestra di Oscar, come se avesse percepito che la sua donna in quell’istante … lo stesse guardando…ma in lui, quella  era una solo una lontana speranza…
“Andrè” la finestra si aprì…Andrè abbassò lo sguardo imbarazzato…non voglio che si accorga…
”Andrè entra di devo parlare”
“Sì Oscar arrivo”
lei ordina io rispondo…ecco…tutto qui…ma almeno sento la sua voce che si rivolge a me…a me solo…anche se è perentoria, dura, fredda come i suoi splendidi occhi azzurri…

Fine 1° parte

                                                                                                                                                            Mik
 
 

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